Mi sia permessa una “Boccata d’aria” un po’ insolita, oggi, nel riandare agli anni della mia fanciullezza quando il 19 marzo di ogni anno costituiva la attesissima e popolarmente partecipata FESTA DI SAN GIUSEPPE: la più bella ricorrenza dell’anno dopo il Natale sia dal punto di vista religioso che, indirettamente, anche civile. Ed è soprattutto sotto questo aspetto che desidero soffermarmi poiché mi accorgo che sia avendola soppressa dal calendario liturgico da parte della Chiesa inventandosi la mai sentita e praticamente mai affermata “Festa del lavoratore”, che sia pure l’averla voluta trasformare, civilmente, nella “Festa del Papà”… non è servito a ridare al 19 marzo degli ultimi decenni l’atmosfera della “festività” nel vero senso che in passato si dava, appunto, ai “giorni di festa”.
Attualmente, non è soltanto la pandemia che ci trova delusi ed impossibilitati a stare insieme in serena e lieta compagnia a “far festa” insieme. Erano ormai parecchi decenni che, imponendosi l’egocentrico individualismo delle persone, l’umanità aveva perso l’essenzialità di quelle “festività” che lungo la storica hanno caratterizzato tutti i popoli, specialmente quando le strade e la viabilità in genere non erano ancora state padroneggiate dai mezzi di trasporto a motore. I “giorni di festa” erano caratterizzati dalla gente per le strade con tutte e tutti a piedi; ci si ritrovava in piazza o nei punti di aggregazione dalla periferia delle città o dalle frazioni dei paesi, e sia all’andata che al ritorno, e poi insieme in piazza, non era che un continuo incontrarsi, un incessante parlarsi, un inesausto rincorrersi dei giovanissimi, un assillante ricercarsi e ritrovarsi dei giovani innamorati, un confortante chiacchierare degli adulti e degli anziani. Lo stesso andare in chiesa non era tanto osservare il precetto della Chiesa, quanto il pressante e sentito “incontrarsi” per pregare e cantare insieme, ma soprattutto per trovarsi e stare e sentirsi insieme fra persone che durante la settimana di lavoro non potevano incontrarsi. Questo voleva dire “fare festa”: GIOIRE INSIEME ossia il SENTIRSI BENE INSIEME.
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La FESTA DI SAN GIUSEPPE degli anni passati, dopo il chiusi in casa a causa della troppa neve e dal troppo freddo dell’inverno, voleva dire aprire le finestre alla primavera in arrivo e prepararsi a vivere nella libertà (persino nel vestire) sotto la brezza della primavera e sotto i raggi del sole dell’estate. Le donne toglievano dagli armadi e dai cassettoni i vestiti leggeri e andavano a messa sfoggiando la loro bellezza quasi ringiovanita e messa in luce dal vestire che per la donna è sempre stato l’oggetto principale per far apparire ed apprezzare la propria femminilità. Sarebbe interessante sentire la testimonianza di qualche donna su questo particolare aspetto che, secondo me, era la caratteristica principale della “Festa di San Giuseppe dal punto di vista femminile; almeno è questa una delle maggiori sensazioni che porto con me. Inoltre ricordo che il giro di San Giuseppe era denominato la “Pasqua degli uomini” nel senso che in quel giorno festivo la maggior parte degli uomini (maschi) ottemperavano al precetto di “almeno una volta all’anno, a Pasqua, confessarsi e comunicarsi”. Ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso se ne viveva l’animazione in tutti i sensi sopradescritti. Inoltre (avevo trent’anni) con l’Ezio Scalfi, allora giovane professore alle Scuole Medie vecchia maniera, andavamo in bicicletta alla Fiera dell’Agricoltura a Trento approfittando dei “Giorni di Festa”. Tutto era serenità e gaiezza in quel periodo di resurrezione dopo la guerra. La “festa” rappresenta, in senso antropologico, un particolare momento della vita sociale che si oppone alla sequenza delle normali attività quotidiane. In questo senso la FESTA DI SAN GIUSEPPE ci stava tutta e ci stava bene: salutava il gioioso e gratificanete trapasso dall’inverno alla primavera.
Credit Foto. Sergio Perdomi, Fiera di San Giuseppe in piazza Duomo a Trento, 1930 ca., stampa su carta alla gelatina sali d'argento, cm 12,2 x 17. Trento, AFS, Fondo miscellaneo ex Soprintendenza Statale
Nulla di più se non che, personalmente, mi rincresce assai che oggi si stia trascorrendo questa giornata senza pensare a San Giuseppe e senza alcun segno di festività. Mi consola, in parte, il fatto che gran parte degli esseri umani si ricordino di avere un PAPÀ di cui ricordarsi in maniera particolare.
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Mario Antolini Musón